Gris è un titolo Indie ricco di delicati particolari, caratterizzato da uno stile artistico stupendo, dettagliato e che incanta. Ma che non arriva subito al giocatore. Io stessa, prima di comprendere cosa veramente volesse dimostrare GRIS con la sua protagonista, ci ho dovuto ragionare un bel po’…
Il dolore è parte della vita: non ci deve sopraffare
GRIS mette al centro del viaggio della protagonista l’accettazione del dolore e del lutto. Tuttavia, lo fa in modo molto diverso da N.E.R.O.: Nothing Even Remains Obscure. Se in N.E.R.O. abbiamo vissuto in prima persona la morte, in questo titolo la vediamo con gli occhi di chi rimane. La protagonista ama cantare, la conosciamo così, mentre con dolcezza ci incanta con la sua voce. Il dolore e la perdita sono però dietro l’angolo. La giovane perderà la voce e con lei il mondo perderà i suoi colori. Ci ritroveremo così in un mondo in bianco e nero, dove sarà nostro compito ridare vita ai colori.
Intraprenderemo quindi il nostro viaggio lungo un mondo curioso ed affascinante ed ogni volta che “raccoglieremo un pezzo di noi” e che supereremo una fase del dolore, il mondo riacquisterà un colore e noi diventeremo più spiritualmente forti. Il gameplay è semplice, perché l’intero gioco vuole affascinare il giocatore attraverso il suo stile artistico.
Ma perché questo titolo non riesce a trasmettere a tutti i giocatori il suo messaggio? Di sicuro non perché sia trasmesso male, ma perché è trasmesso come non ce lo aspettiamo. Infatti, senza il finale segreto, il finale del gioco ci sembrerà quasi fuori luogo. GRIS infatti finisce con la protagonista che riacquista la sua voce. A primo impatto, questo sembra un finale “sbagliato”. Perché senza il tassello finale, non siamo in grado di capire di quale dolore si sta parlando. Fin dai primi istanti infatti ci sembrerà che tutto il viaggio sia legato direttamente alla voce della ragazza e non ad altro. Ma con lo sblocco del finale segreto (che avviene solamente dopo aver trovato tutti i mementos nascosti nel gioco) tutto trova un significato.
Vedremo infatti la ragazza da bambina insieme a sua mamma. Con questo elemento, il puzzle è completo. Tuttavia, io stessa ci ho dovuto pensare un bel po’ prima di comprendere veramente di cosa il videogioco parlasse. Non perché esso non lo faccia nel modo corretto, ma perché lo fa con un tale tatto ed una tale delicatezza che il messaggio arriva solo a chi veramente vuole recepirlo. Io ero rimasta delusa dal finale originale, ecco perché dopo aver sbloccato quello segreto ci ho pensato moltissimo.
Alla fine, mi sono resa conto che ero delusa per il nulla, perché in realtà GRIS è perfetto così, va solo vissuto appieno.
Un’opera unica nel suo genere
GRIS ha un’anima sua. Vive in un universo intangibile ed inarrivabile. Grazie non solo ad una narrazione perfetta, ma soprattutto grazie allo stile grafico che il team di sviluppo gli ha voluto dare. Sembra di essere dentro un quadro ad acquerelli. E questo aspetto dona al titolo un aspetto dolce e delicato, degno di un sogno di una bambina.
Complice un gameplay semplice (non esiste morte il GRIS), le musiche delicate e l’assenza totale di parole, il titolo è adatto a tutti. Va solamente giocato nella sua interezza ed a mente aperta, solo così il suo vero significato arriverà fino a voi.
Lo consiglio? Caspita sì, è magnifico, seppur breve. È un’esperienza delicata e dolce, che vi incanterà per circa 3 ore, ma se lo volete scoprire fino in fondo, fino al suo finale segreto, calcolatene anche 5 o 6 (soprattutto se come me dovrete ripercorrere i vostri passi per recuperare tutti i mementos). E se volete mettervi alla prova, puntate al Trofeo Platino, di per sé è facile, ma nasconde delle insidie (ve ne parlerò a breve in un prossimo articolo!).
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